Tra finzione e realtà

Fare una riflessione sugli eventi che stanno caratterizzando la vicenda di Giardinetto non è semplice; la sostituzione del giudice e la modifica del collegio giudicante, proprio mentre sembrava che le cose stessero per arrivare ad una conclusione (dall’esito incerto, ma pur sempre una conclusione), sembrano essere un coup de théâtre  partorito dalla mente di qualche “geniale” autore  televisivo per risollevare gli ascolti di una fiction o di un reality show… a questo punto non ci meraviglieremmo se nella prossima udienza proponessero il televoto per decidere se e quali imputati sostituire o condannare!

Eppure si tratta della realtà che caratterizza la nostra società, la nostra giustizia e non della “realtà apparente” che ci propina la nostra televisione, anche se delle volte il confine tra le due cose sembra essere labile.
Una realtà, quella della giustizia, che sembra non avere nessun punto di contatto con la vita delle persone, con la tutela della loro salute, con l’ambiente in cui esse vivono; una realtà che non fa altro che ritardare ciò che non può e non dovrebbe, in una società civile, essere più rinviato, danneggiando così la sua credibilità di istituzione.
Questa potrebbe essere una delle ragioni per le quali la gente quando subisce un torto o un’ ingiustizia preferisce rivolgersi a Striscia la notizia (o ad altre trasmissioni televisive del genere) piuttosto che alle autorità competenti; come se, paradossalmente, il costume del Gabibbo fosse, agli occhi della gente, più credibile ed autorevole della toga di un giudice.
Una realtà delle cose che, cercando di essere razionali, non ha molto senso, così come non hanno molto senso le numerose incongruenze riscontrate in questo processo ed il fatto che da ormai quasi quindici anni ci sia una discarica di rifiuti tossici a danneggiare il nostro territorio e le persone che lo abitano e nessuno sia riuscito a far sì che questa bomba ecologica venga disinnescata e messa in sicurezza.
Grazie a questi ultimi eventi, ci siamo resi conto, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che non è con il teatrino dei tribunali e degli avvocati che ad un territorio, ferito per sempre, viene resa giustizia. L’eventuale auspicabile condanna degli imputati ad effettuare la bonifica (ammesso che si verifichi) non è sufficiente: la vera giustizia si realizza nel lottare e lavorare affinché in tutti gli abitanti di un territorio possa nascere il rispetto profondo per la propria terra. Di certo la lotta è sempre utile, in alcuni casi per risolvere il problema, in altri per capire chi è il nemico che hai di fronte: non solo gli imputati ma anche una burocrazia cieca e sorda alla voce dei cittadini e una macchina giudiziaria lenta e lontana dai problemi reali.