ENERGIA PULITA: SI...MA SENZA LIMITI?

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Qualcosa che è stato creato per risolvere un problema, può divenire esso stesso il problema? Una domanda difficile a cui rispondere, ma se ci si riflette un po’ su, forse si trova una risposta. Pensiamo all’utilizzo dell’antibiotico, farmaco creato per la cura di diversi malanni, ma il cui abuso crea danni alla salute. Questo è un semplice esempio che rientra nella vita di tutti. A noi sembra di affrontar17:36:42e la medesima questione quando si parla di eolico. Per risolvere l’annoso problema dell’indipendenza energetica da fonti  fossili, e per dare risposta alla crisi climatica che il pianeta intero vive, si stanno investendo miliardi di dollari in tutto il mondo per la riconversione energetica grazie all’energia pulita del vento e del sole. Il nostro territorio ha contribuito largamente a tale riconversione. Secondo i dati GAUDì  (Gestione Anagrafica Unica degli Impianti e Unità di Produzione) in Italia,  a fine 2018, sono stati superati i 10 GW di energia prodotti da fonti rinnovabili. Il 91% della potenza eolica installata è concentrata al Sud e nelle isole. 

La Puglia è la prima regione, e contribuisce per il 24%, con 1180 impianti per la produzione di 2503,51 MW, con 92 impianti che superano i 10MW. A Troia, che ha una superficie di 168,20 kmq, si concentra circa il 2% della potenza degli impianti eolici con 1,27 MW/kmq.  Questi dati ci dicono che il nostro piccolo paese supera di circa 38 volte la media nazionale (0,0335 MW/kmq) e oltre 10 volte quella regionale.  Inoltre la Puglia da sola supera di gran lunga stati come la Finlandia con i suoi 2041 MW, la Norvegia con 1675 MW e altri 11 stati europei. Per questo, il 31 ottobre 2018, con delibera n°48, il Comune di Troia aveva chiesto alla Regione Puglia di ottenere la dichiarazione di “comune saturo” e non idoneo all’istallazione di impianti con potenza superiore ai 20 KW. La regione però non può nulla in tale questione, poiché la riconversione energetica è un problema di interesse nazionale o meglio internazionale. E proprio in nome di questo interesse, società create alla velocità della luce, con capitali irrisori, presentano al Ministero dell’Ambiente progetti di nuovi impianti, dove sono state individuate le zone idonee, i nominativi dei proprietari i cui terreni dovranno essere espropriati, con tanto di relazioni per la valutazione di impatto ambientale. Secondo l’ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento) un progetto di “buon eolico” dovrebbe: escludere aree di particolare pregio paesaggistico, tener conto della frequentazione del paesaggio e delle analisi delle specificità territoriali, aver presente la valutazione degli impatti visivi. Infine dovrebbe prevedere la dismissione totale a fine ciclo di vita, con ripristino della situazione ex ante. Ma bisogna interrogarsi su cosa ciò significhi, soprattutto se si pensa che i 10 GW prodotti dall’eolico in Italia dovranno essere raddoppiati entro il 2020 grazie al repowering, procedure di  ammodernamento degli impianti eolici, sostituendo gli aerogeneratori per aumentare la produzione, riducendo il numero di macchine, ma aumentando dimensione e produttività. La nostra associazione a lungo si è interrogata su cosa comporti l’istallazione massiccia di eolico e fotovoltaico sul nostro territorio. Ed è per questo che, quest’estate, ci avete trovati in piazza con una petizione, per dire 'no' all’impianto eolico denominato “Parco Eolico Montaratro”. Ci opporremo anche a un nuovo progetto presentato poco tempo fa, che prevede l’istallazione di 10 torri eoliche da 4,2 MW ciascuna, in località Montalvino-Cancarro. E’ stato bello ritrovarsi in piazza e confrontarsi con i cittadini, ma non è stato sempre facile spiegare perché  un’associazione “ambientalista” si opponesse a ciò che è ritenuta la soluzione a tutti i mali. Bene, noi riteniamo che non si possa abusare di un toccasana per risolvere un problema. Non si può avallare la deturpazione di un territorio con distese di fotovoltaico, e croci romane disseminate su ogni pendio, se non si tiene conto della bellezza del nostro paesaggio, della sua vocazione turistica e agricola. Le condizioni morfologiche e climatiche favorevoli non possono essere i soli motivi validi per incentivare nuove installazioni, nei cui progetti si sostiene che “una pala più una pala meno” non fa la differenza. Ma quale bene ne ricava una comunità, un territorio che si sta snaturando, trasformandosi da fonte di vita, a fonte di ricchezza, senza sapere chi ne stia beneficiando e chi, invece, ne stia facendo le spese? Dovremo abituarci a società che decidono del nostro futuro senza essere interpellati? Possiamo svendere un bene unico e irriproducibile come la nostra terra? E perché il Sud Italia deve essere capofila nella riconversione energetica, senza che ciò sia mai menzionato, mentre si parla sempre  del Meridione in termini di disoccupazione, di emigrazione giovanile e addirittura di turismo sanitario? Forse però dovremmo un attimo fermarci a pensare su larga scala. Da un articolo de Il Sole 24 Ore del 25 ottobre 2019, si legge che la nuova frontiera dell’eolico è l’offshore:  “ L’ AIE ( Agenzia Internazionale dell’Energia) sostiene che i parchi eolici offshore dovrebbero attirare 840 miliardi di $ in giro per il mondo entro il 2040, con Europa e Cina in prima fila. La cifra sale a 1200 miliardi di $ se si tiene in conto, oltre all’istallazione delle pale, la realizzazione di sistemi di trasmissione sottomarini e per adeguare la rete elettrica …”. 'Bene!', si potrebbe dire, se tutto ciò è per la risoluzione della crisi climatica, ma nell’articolo poco dopo si scrive “… sono interventi costosi, ma che potrebbero risultare interessanti per le compagnie petrolifere. Infatti l’industria dell’Oil & Gas, obbligata a fare i conti con il processo di de-carbonizzazione, può sperare di sfruttare il know how e le tecnologie sviluppate con le estrazioni di idrocarburi offshore. E magari trovare qualche sinergia, finché la transizione energetica non sarà compiuta.” Allora che senso ha tutto? E’ come un circolo vizioso in cui tutto cambia, perché nulla cambi, in cui a farne le spese e sempre la gente, che ignora questi strani giri, e viene illusa con l’idea del sacrificio per il bene comune. Il bene comune di chi, poi?  Lasciamo a voi la risposta a questa domanda…