L’era del sacchetto di plastica per la spesa, inquinante e non sostenibile, si è finalmente conclusa! Con il primo gennaio 2011 è entrato in vigore il divieto di commercializzare i sacchetti di plastica e viene data agli esercizi commerciali la possibilità di esaurire le scorte a titolo gratuito per il cliente; una volta consumate le scorte dovranno far uso dei sacchetti biodegradabili con un costo per il cliente.
Il 1957 è la data che segnò l’inizio dell’era del sacchetto in polietilene, prodotto per la prima volta negli Stati Uniti. Ne hanno decretato il successo le qualità peculiari: leggero, resistente, economico, conveniente per portare generi alimentari, vestiario e altri acquisti. L’Italia ha il record nei consumi delle buste di plastica con oltre il 25% del totale dei sacchetti consumati nell’Unione Europea, corrispondenti a 260.000 tonnellate di plastica, poco meno di 400 sacchetti di plastica a testa (dati del WWF). I sacchetti usa e getta in plastica sono oggetti che hanno avuto negli anni un pesantissimo impatto ambientale: a fronte di una vita media di utilizzo di circa 20 minuti impiegano molti secoli per essere degradati rilasciando sostanze tossiche nell’ambiente che contaminano acque e suolo fino ad entrare nella catena alimentare.
Ma il bando dei sacchetti in plastica non basta! La sfida è quella di abolire e ridurre al minimo i contenitori usa e getta sostituendoli con sporte “durevoli” in cotone o altri materiale che abbiano invece la caratteristica dei riutilizzabilità.
Per liberarsi del peso economico e ambientale dell'imballaggio non c'è che la strada della sua eliminazione ovunque possibile, le tre erre diventano almeno quattro perché ancor prima di RIDUCI, RIUSA, RICICLA c'è RIFIUTA. L’invito è quello di ritornare alle vecchie e buone abitudini delle nostre nonne che utilizzavano sporte in tela, carrelli della spesa, le retine “buttando nella spazzatura” la nostra pigrizia, la nostra assuefazione alla comodità, alla mancanza di organizzazione