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| 01/03/2011
Differenziare non basta. Avviamo una strategia "rifiuti zero".
Dieci proposte per ridurre i consumi, ridurre i rifiuti e cambiare stile di vita. Anche a Troia.
logo comitato salute e territorio

In questi mesi il dibattito politico a Troia si è articolato spesso attorno ad un tema di stringente attualità: il nuovo sistema di raccolta differenziata porta a porta che ha modificato radicalmente abitudini e comportamenti consolidati nella popolazione. Bisogna essere molto chiari su un punto: la raccolta differenziata porta a porta è una scelta di civiltà e va praticata e sostenuta con forza perché, sono i dati a parlare, tutti i comuni che hanno adottato questo tipo di raccolta hanno ridotto vertiginosamente la percentuale di rifiuto indifferenziato, cioè quello che finisce in discarica. Detto questo, ha pienamente ragione chi chiede che il contratto con la società appaltatrice (la “CICLAT  Trasporti S.C.” di Ravenna) sia rispettato in ogni suo punto ed ha ragione chi pretende che, per scelte di tale rilevanza, i cittadini siano consultati e coinvolti prima di prendere le decisioni e non dopo (per quanto ascoltare i cittadini è sempre una scelta positiva).

Il problema, tuttavia, è che differenziare e riciclare non basta. Per affrontare seriamente la questione  dobbiamo iniziare a porci un altro problema:  ridurre i rifiuti. Viviamo, purtroppo, nella società dei consumi. Produciamo, consumiamo e gettiamo come non é mai stato fatto nella storia dell’umanità. La produzione di rifiuti ha raggiunto percentuali mostruose ed è costantemente in crescita, anche nel nostro piccolo paese. E i rifiuti non aumentano per caso, aumentano perché il nostro stile di vita è condizionato da una logica consumistica e di profitto che, attraverso l’uso massiccio della pubblicità, ci induce ad acquistare sempre più e a gettare sempre più spesso. Quante volte abbiamo cambiato telefonino negli ultimi anni? Quante volte abbiamo comprato nuovi vestiti, di cui non avevamo bisogno, soltanto per seguire le mode? Quante volte abbiamo acquistato elettrodomestici che poi abbiamo usato mezza volta? Quante volte abbiamo regalato  i classici “cocci”, totalmente inutili? 

Ecco, dobbiamo essere consapevoli che i nostri “sfizi”, i nostri acquisti inutili, i nostri prodotti “usa e getta” prima o poi diventano rifiuto e vanno a sommarsi alla mole mostruosa dei rifiuti. Allora se vogliamo vivere in  una società più ecosostenibile, se vogliamo vivere in un ambiente meno inquinato e se vogliamo evitare città invase dai rifiuti o sommosse popolari determinate dall’apertura di nuove discariche dobbiamo iniziare ad interrogarci sui nostri consumi ed avviare una strategia “Rifiuti Zero” che imponga ad ognuno di noi di consumare meno e di consumare meglio, evitando tutto ciò che è inutile ed imparando a condividere, riutilizzare e scambiare.  Questo si può e si deve fare anche a Troia, perché si tratta di comportamenti che investono la responsabilità di ogni cittadino.

Ecco dieci proposte per ridurre i consumi e ridurre i rifiuti:

  1. Adottare uno stile di vita più responsabile rifiutando le logiche consumistiche  ed evitando di cadere nella trappola dei bisogni indotti dalla pubblicità. Ricordiamoci che lasciarsi sedurre dai consumi inutili vuol dire anche spendere di più e produrre più rifiuti.
  2. Imparare a condividere i beni: perché ogni famiglia deve comprare un trapano che si usa una volta l’anno? Non si può comprare un trapano condominiale e condividerlo quando serve? Non possiamo fare lo stesso con altri elettrodomestici e magari con le auto (il cosiddetto “car sharing”)? In questo modo risparmieremmo tutti e produrremmo meno rifiuti.
  3. Acquistare prodotti “alla spina”, evitando i più possibile tutto ciò che è imballato. Per quale motivo al supermercato devo per forza comprare i detersivi, il latte, l’olio in contenitori che poi dovrò buttare? Non possiamo portare un nostro contenitore e farcelo riempire (come si fa ormai in alcuni supermercati?). E non potremmo far lo stesso con la pasta, la farina, i legumi, il caffè e molto altro?
  4. Scegliere prodotti a Km Zero (cioè prodotti della nostra terra) che non necessitano di essere trasportati da un capo all’altro del pianeta, inquinando. Non ha senso importare la frutta e verdura dal Sud America quando l’agricoltura è in affanno dalle parti nostre! Iniziamo a consumare più prodotti del territorio e meno prodotti esotici!
  5. Riutilizzare e scambiare. Per ovviare ai disastri del consumismo dobbiamo abituarci all’idea di riparare, riusare o scambiare. Possiamo promuovere un “Centro del Riuso” o “Mercatini dell’Usato” in cui i cittadini possano scambiare roba che non utilizzano più e che non ha più mercato.
  6. Compostare l’umido. Che senso ha gettare nell’immondizia roba che può diventare fertilizzante per i nostri terreni? A Troia viviamo, tutti, a due passi dalla campagna eppure gettiamo nell’umido (che per ora non è riconosciuto come tale) un sacco di roba che potrebbe tranquillamente, con un semplice processo, essere trasformata in fertilizzante naturale.
  7. Evitare di comprare materiale usa e getta. O, se è proprio necessario, evitiamo almeno i prodotti in plastica e orientiamoci sui prodotti in cellulosa o Mater-Bi che sono biodegradabili e compostabili (es. su www.ecorete.it). Chiediamo ai commercianti del paese di rifornirsi di questo tipo di prodotti. E soprattutto, quando andiamo a fare la spesa portiamoci delle belle sacchi di tela!
  8. Non acquistare acqua in bottiglia. L’acqua in bottiglia produce una quantità di rifiuti straordinaria. Per produrre un litro d’acqua in una bottiglia di plastica ci vogliono 6 litri di acqua (per fare la bottiglia) e poi ci vuole la benzina per trasportarla. L’acqua di rubinetto invece si può bere ed è ottima.
  9. Acquistare prodotti biologici che non fanno uso di diserbanti e fertilizzanti chimici. E’ innanzitutto una questione di salute, ma è anche un invito a riscoprire i sapori veri, quelli che sono in via di estinzione braccati dall’omologazione culturale dei supermercati.
  10. Scegliere i prodotti del mercato equo e solidale per tutto ciò che non si produce nel territorio e va importato (caffè, tè, cioccolata, zucchero). In questo modo sosteniamo imprese che rispettano l’ambiente e rispettano i diritti e la dignità dei lavoratori del sud del mondo.

Insomma dobbiamo renderci conto che ogni volta che mettiamo un prodotto nel nostro carrello della spesa noi esprimiamo una preferenza perché scegliamo di sostenere un certo tipo di imprese e di comportamenti imprenditoriali. E, ancora meglio, ogni volta che decidiamo di non acquistare un prodotto perché ci rendiamo conto che esso è superfluo, non è indispensabile, noi rendiamo un servizio al nostro pianeta perché immettiamo un rifiuto in meno in circolazione.  Sono le nostre scelte, i nostri stili di vita ad essere responsabili del futuro del pianeta. Per questo c’è bisogno di un “consumo responsabile” che interroghi l’etica di ognuno di noi. E se grazie al “consumo responsabile” chiude un’impresa che produce prodotti chimici e ne nasce una che produce prodotti naturali, i posti di lavoro non si perdono, semplicemente cambiano. E’ un cambiamento al quale dobbiamo essere pronti se teniamo alle sorti del nostro pianeta. Altrimenti dovremo imparare a convivere con il proliferare delle discariche e con imprese che, in nome del profitto, inquinano l’ambiente,  fanno uso di lavoro minorile e  calpestano i diritti dei lavoratori. 

 

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